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giovedì 12 maggio 2011
La disoccupata società del lavoro
La disoccupata società del lavoro
di Max Cipelletti - sociologo
Scrivere di lavoro oggi in Italia è delicato, come se si parlasse di un miraggio evanescente che resta realtà per molti facenti parte e che possono ancora destreggiarsi nel mercato, contrariamente a chi ci deve entrare, rientrare e stabilizzarsi. I dati li conosciamo, non serve rievocarli; parlano da soli, siamo soliti affermare. Ed è proprio questo forse il problema: parlano proprio da soli. Pare nessuno, fra coloro che dovrebbero, li ascolti.
Qualcuno dice che l’Italia sta affondando sulla mancanza di lavoro, ma non è tutto lì. Si sta incrementando, di mese in mese, il divario fra le ex classi sociali alte e basse. Quando si dice che il “ceto medio” è in via d’estinzione, si dimentica di ricordare a favore e a danno di chi. Questa è la difficoltà, che i livelli alti e bassi tendono a consolidare la loro posizione sociale, divenendo quindi: sempre più alte o più basse. Rinsaldare un distacco già, naturalmente presente, non agevola il progresso civile, economico e sociale di una comunità; tutt’altro, li arretra. Ciò accade oggi nel nostro Paese; questo la politica oggi ignora totalmente. Chi può decidere non ne parla, chi ne parla lo fa in virtù del fatto che non può decidere.
Così si incrementa l’assai pericolosa disaffezione della popolazione all’unica realtà – quella della politica appunto – che può incidere sul nostro futuro e dei nostri figli (come è consuetudine dire, ammesso che permanga nel tempo l’intenzione di metterne al mondo). Prendere distanze sempre più lunghe dalla classe politica significa autorizzarne sempre di più il suo operato anziché promuoverne un’evoluzione ed un cambiamento.
Le proteste di piazza, di giovani e meno giovani, potrebbe essere solo un inizio di un lungo cammino che, se non vedrà concreti mutamenti nelle condizioni dei lavoratori ed aspiranti tali, rischia di proseguire. Auspichiamo sempre non degeneri in situazioni che minacciano il quieto vivere e disturbano l’ordine pubblico; come purtroppo è già accaduto nei recenti mesi. Interroghiamoci però sul perché qualcuno giunge a determinati livelli, esclusi certamente tutti i generi di estremisti appartenenti a qualsiasi realtà. Forse vi è qualche profonda insofferenza che non trova risposte nei fatti e giunge a forme di espressione che sfociano in atti riprensibili. Andrebbero trovate soluzioni prima che la situazione rischi di degenerare a sfavore della collettività. Se la “vox popoli” non fosse ascoltata, se perdesse qualsiasi cassa di risonanza, e se, qualora l’avesse, qualcuno facesse “orecchie da mercante”, tutto questo risulterebbe diventare assai pericoloso ed è da evitare con soluzioni concrete. Qualcuno dice che è già così, e lo abbiamo notato.
Viviamo questi rischi ma ne siamo poco consapevoli, distratti da molte e molte altre realtà secondarie. Ma vogliamo proseguire nel gratuito ottimismo americano, che pur essendo esemplare quando applicato negli U.S.A., diventa insufficiente nel nostro Paese che esprime una differente realtà economica con diverse problematiche e casistiche. Ci serve un maggior realismo senza perdere la positività. Ne siamo capaci, volendo. Non possiamo continuare ad ignorare ciò che ci circonda; perché un giorno potrebbe mettersi al centro. E sarebbe troppo tardi.
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