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venerdì 22 aprile 2011

Amore e separazione




















QUANDO L’ AMORE SI INTERROMPE!
schio@casadelconsumatoreveneto.it


Quando l’amore si interrompe, di norma, ci si separa.
Dal punto di vista giuridico, la separazione legale consiste nell’interruzione di tutti quei diritti e doveri che i coniugi rispettivamente acquistano e si assumono con la celebrazione del matrimonio, tranne quelli di assistenza e di reciproco rispetto. Otre alle separazioni legali (consensuali o giudiziale) esiste anche la separazione di fatto. Vediamole insieme:

La Separazione di fatto
Questo tipo di separazione si ha quando i coniugi cessano la vita in comune senza alcuna formalità, e senza rivolgersi al giudice. La separazione di fatto non ha alcun effetto giuridico e non sospende nessuno degli obblighi matrimoniali.

La Separazione consensuale
La separazione consensuale è l'atto attraverso il quale i coniugi, di comune accordo, decidono di non vivere più sotto lo stesso tetto e di dividersi legalmente concordando le condizioni che regolano la separazione. La separazione consensuale, disciplinata dall’art. 158 c.civ., si verifica per accordo delle parti, quando cioè sia la moglie che il marito sono d’accordo sull’affidamento dei figli e su tutte le situazioni economiche, patrimoniali e personali che sorgeranno a seguito della separazione. In tal caso il Tribunale si limiterà a ratificare tutti i patti e gli accordi intervenuti fra i coniugi conferendo cosi efficacia alla separazione. Trattandosi di materia di volontaria giurisdizione non sarebbe necessaria l’assistenza del legale ma da circa due-tre anni il Tribunale di Vicenza non accetta più ricorsi presentati direttamente da coniugi o da consultori (probabilmente per il disordine o le
lungaggini che ciò determinava) perciò il passaggio per lo studio legale è tappa obbligata.
Il ricorso deve essere presentato al Tribunale del luogo di residenza attuale di uno dei coniugi.

La separazione giudiziale
La separazione giudiziale (art. 151 c.civ.) è quella pronunciata dal Tribunale, quando i coniugi non sono riusciti a trovare un accordo su tutte le questioni economiche e personali attinenti la famiglia (affidamento dei figli, assegnazione della casa coniugale, assegno di mantenimento). In tal caso si instaurerà una vera e propria causa legale, per la quale è necessario il patrocinio di un avvocato.
Le spese per la difesa sono a carico delle rispettive parti a meno che le stesse, in base al reddito, siano ammesse al Patrocinio Gratuito a spese dello Stato.
Uno dei coniugi si rivolgerà dunque ad un legale, meglio se esperto in Diritto di Famiglia, il quale, sentite le sue ragioni, potrà anzitutto cercare degli accordi con l’altro coniuge, ovvero potrà direttamente depositare il ricorso contenente la domanda di separazione, con l’esposizione dei fatti sui quali tale domanda si fonda. Il ricorso deve essere presentato al Tribunale del luogo in cui i coniugi avevano l’ultima residenza comune.
Al termine di tale causa il Tribunale emanerà la sentenza di separazione.
Inoltre il Giudice, su richiesta di una parte e qualora ne ricorrano le circostanze, può dichiarare a quale dei due coniugi sia addebitabile la separazione, con le relative conseguenze di tipo economico.

La riconciliazione
Gli effetti della separazione cessano automaticamente con la riconciliazione dei coniugi. Questa può avvenire in modo espresso e, quindi, essere validata da un accordo formale, oppure in modo tacito con la ripresa cioè della vita in comune. Non è necessaria quindi alcuna pronuncia del giudice ma è la riconciliazione stessa, in qualunque modo essa avvenga, a far cessare automaticamente gli effetti della separazione.

Se invece non interviene la riconciliazione occorre attendere tre anni dalla data dell’udienza presidenziale per poter chiedere il divorzio che, a sua volta, può essere congiunto o giudiziale.

Con la sentenza di divorzio si sciolgono tutti gli effetti civili del matrimonio e gli ex coniugi possono contrarre nuove nozze.

La mediazione civile

UNA LITE? OGGI SI RISOLVE CON LA MEDIAZIONE CIVILE!
schio@casadelconsumatoreveneto.it




Negli ultimi tempi si sente sempre più spesso parlare di Mediazione Civile. Il Governo ha reclutato addirittura la brava conduttrice nazional-popolare Milly Carlucci che, algida protagonista di un recentissimo spot televisivo, promuove la mediazione civile come facile strumento per comporre le controversie in tempi rapidi e a minime spese. In effetti ha ragione. Ma cerchiamo di capire meglio di cosa si tratti.
Il riferimento normativo su cui si basa la rivoluzione che, salve proroghe dell’ultimo istante!, prenderà avvio il 20 Marzo prossimo, è il decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28 (pubblicato nella G.U. n.53 del 5 marzo 2010) sulla mediazione in materia civile e commerciale che regola il procedimento di composizione stragiudiziale delle controversie vertenti su diritti disponibili ad opera delle parti. Attraverso questo decreto viene esercitata la delega conferita al Governo
dall’art. 60 della legge n. 69 del 2009 e viene anche attuata la direttiva dell’Unione
europea n. 52 del 2008. Cerchiamo ora di capire insieme il contenuto…

TIPI DI MEDIAZIONE

• Mediazione Facoltativa
Sempre, in qualsiasi momento due o più persone possono decidere di risolvere la loro controversia in materia di diritto civile e commerciale di fronte ad un mediatore professionale!

• Mediazione Obbligatoria
Si ha mediazione obbligatoria quando per poter procedere davanti al giudice, le parti devono aver tentato senza successo la mediazione.
Dal 20 marzo 2011 la mediazione sarà obbligatoria nei casi di una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Con la recentissima promulga del Capo dello Stato è legge il “decreto c.d. Milleproroghe”: per quel che riguarda la mediazione civile il termine di entrata in vigore della disciplina in materia di mediazione obbligatoria, è attualmente fissato al 20 marzo 2011 così come previsto dall'articolo 24, comma 1, del decreto legislativo n. 28 del 2010.

La disposizione di proroga di dodici mesi (quindi al 20 marzo 2012), riguarda solo le controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti. In tutte le altre materie elencate permane dunque l’ obbligo di tentare la conciliazione davanti ad un mediatore professionale prima di andare davanti al giudice!

• Mediazione Demandata.
Si ha mediazione demandata quando il giudice, cui le parti si siano già rivolte, invita le stesse a tentare la mediazione

PROCEDIMENTO DELLA MEDIAZIONE

Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi, trascorsi i quali il processo può iniziare o proseguire.
• Presentata la domanda presso l’organismo di mediazione, è designato un mediatore, e fissato il primo incontro tra le parti (non oltre quindici giorni dal deposito della domanda).
• La domanda e la data dell’incontro sono comunicate all’altra parte, anche a cura dell’istante.
• Il mediatore cerca un accordo amichevole di definizione della controversia.
• Se la conciliazione riesce, il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti e dallo stesso mediatore.
• Se l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. (in linea generale i mediatori professionali indicati dalla nostra associazione, a completa garanzia delle posizioni dei consumatori coinvolti, vengono invitati a non fare la proposta a meno che non sia richiesta da tutte le parti coinvolte). Nel verbale, contenente l’indicazione della proposta, si dà atto dell’eventuale mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.
In sostanza. Grazie alla convenzione con l’organismo di conciliazione, il consumatore che abbia un problema da risolvere viene presso la nostra sede, illustra la problematica, comunica il nome della/e controparte/i che verrà contattata ed informata che è stata richiesta una mediazione sulla materia in oggetto. Dopo di che compileremo insieme la richiesta di mediazione e la invieremo all’organismo di conciliazione che provvederà a nominare il mediatore incaricato. Detta così sembra molto complesso ma vi assicuriamo che è una procedura estremamente snella e rapida. Più facile a farsi, che a dirsi.

Nella fase della mediazione davanti al mediatore professionale non sono necessari gli avvocati!

LA TUTELA DELLA RISERVATEZZA NEL CORSO DELLA MEDIAZIONE

Il procedimento di mediazione non è soggetto ad alcuna formalità ed è protetto da norme che assicurano alle parti del procedimento l’assoluta riservatezza rispetto alle dichiarazioni e alle informazioni emerse.
Tali informazioni non saranno utilizzabili in sede processuale, salvo esplicito consenso delle parti, e il mediatore sarà tenuto al segreto professionale su di esse.
Quando il mediatore svolge sessioni separate con le singole parti, non potrà rivelare alcuna informazione, acquisita durante tali sessioni, all’altra parte.
La finalità della previsione, propria di tutte le esperienze comparate a livello internazionale, è finalizzata a consentire alle parti di svelare ogni dato utile al compromesso, senza timore che poi possa essere oggetto di un uso contro la parte medesima. I soggetti coinvolti si sentiranno così liberi di manifestare i loro reali interessi davanti a un soggetto dotato di professionalità per comporli.

Provvedimenti giudiziali urgenti.
Anche nei casi di mediazione obbligatoria è sempre possibile richiedere al giudice i provvedimenti che, secondo la legge, sono urgenti e indilazionabili.

ESITO DELLA MEDIAZIONE

L’accordo raggiunto con la collaborazione del mediatore è omologato dal giudice e diventa esecutivo.
Nel caso di mancato accordo il mediatore può fare una proposta di risoluzione della lite che le parti restano libere di accettare o meno. (ripetiamo:in linea generale i mediatori professionali indicati dalla nostra associazione, a completa garanzia delle posizioni dei consumatori coinvolti, vengono invitati a non fare la proposta a meno che non sia richiesta da tutte le parti)
Se la proposta non viene accettata e il processo davanti al giudice viene iniziato, qualora la sentenza corrisponda alla proposta, le spese del processo saranno a carico della parte che ha rifiutato ingiustificatamente la soluzione conciliativa.


SPESE DELLA MEDIAZIONE

Le indennità dovute al mediatore sono stabilite dal decreto del Ministro della giustizia per gli organismi di mediazione pubblici.
Gli organismi di mediazione privati possono stabilire liberamente gli importi, ma le tariffe devono essere approvate dal Ministro della giustizia.
La mediazione è gratuita per i soggetti che nel processo beneficiano del gratuito patrocinio: in tal caso all’organismo non è dovuta alcuna indennità.
Nel caso di mediazione obbligatoria, e quindi per tutte le materie sopra elencate dopo il 20 marzo, in base all’ art.16 del D.M. 180/2010 le indennità devono essere ridotte di un terzo vale a dire per una mediazione di una lite di valore inferiore a 1000 euro la tariffa indicata in tabella di 65 euro sarà ridotta di un terzo. Si andrà concretamente a pagare quindi circa 43 euro. Ecco di seguito la tabella con le tariffe indicate dalla legge:

Valore della lite Spesa (da corrispondersi ad opera di ogni parte)
Fino a Euro 1.000 Euro 65
da Euro 1.001 a Euro 5.000 Euro 130
da Euro 5.001 a Euro 10.000 Euro 240
da Euro 10.001 a Euro 25.000 Euro 360
da Euro 25.001 a Euro 50.000 Euro 600
da Euro 50.001 a Euro 250.000 Euro 1.000
da Euro 250.001 a Euro 500.000 Euro 2.000
da Euro 500.001 a Euro 2.500.000 Euro 3.800
Euro 2.500.001 a Euro 5.000.000 Euro 5.200
oltre Euro 5.000.000 Euro 9.200


Detrazioni fiscali (!!)
Ai consumatori che corrispondono l'indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi, è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d'imposta fino a concorrenza di 500 euro.
In caso di insuccesso della mediazione, il credito d'imposta è ridotto della metà.


Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro sino alla concorrenza del valore di 50.000 euro.

Garbo di Primavera





















Garbo di primavera
di Patrizia Landini



L’impressione che mi accompagna in certo momenti della vita, in coda al supermercato, aspettando davanti a scuola è che, più che l’educazione, si sia perso il rispetto per la persona, quindi per noi stessi.
Lungi da me voler scrivere un trattato ispirato a Mons. Della Casa, vorrei solo ricordare che volersi bene e rispettarsi è la prima e basilare forma di bon ton, per usare un gallicismo.

Perchè, allora, non ricominciare dalla base, tornando ad imparare come relazionarsi con chi incontriamo di giorno in giorno, sia sconosciuto sia famigliare; forse, la nostra società potrebbe ritornare ad avere un aspetto formale, che diventerebbe, quindi, sostanziale.
Un grande giornalista, tra i miei preferiti, Corrado Augias, ha scritto che ” gli uni e gli altri, chi sta in alto e chi no (in riferimento alla società), partecipiamo della stessa diffusa mancanza di quella mistica delle forme che altrove dà alle manifestzioni della vita collettiva un’apparenza di decoro diventata da noi sempre più rara.”
Questo è, a mio avviso, la base del comportamente sociale, le forme portano con sè la sostanza, non dobbiamo mai darlo per scontato.

Allora, se si deve tornare alla base, sarebbe utile partire dalle presentazioni.

° Salutare è buona educazione, rispondere è d’obbligo. Ma quale sarebbe la regola? Il più giovane saluta il più anziano, l’uomo la donna e così via.
Inoltre, se salutare tutte le persone che si conoscono è doveroso, è altrettanto doveroso salutare quelle che si incontrano casualmente: il cameriere del bar, la signora delle pulizie chi si incrocia per le scale

° Meglio tralasciare i titoli accademici, onorifici e nobiliari visto che, se meritati, salteranno agli occhi del nostro interlocutore dalla prima conversazione, oppure usarli con discrezione.
Occhio a non assegnarsi da soli i propri titoli: “Sono il Dottor…, Architetto…”. Sarebbe davvero imperdonabile!

° Introdursi da soli è piuttosto difficile, così il più delle volte si viene presentati e, per evitare che questa semplice, quanto inevitabile cerimonia, diventi motivo d’imbarazzo, è bene che sia rapida e precisa: il nome e cognome, sempre nell’ordine, introdotti dal “ tu conosci…” o “lei conosce…”, a seconda dei casi.

°Si presenta sempre la persona meno importante alla più importante, la più giovane alla più anziana, l’uomo alla donna.

° La prima conversazione non deve mai prendere le mosse dopo il classico “Piacere” che, se pur diffusissimo, in questa fase iniziale del rapporto è tutto da verificare e suonerebbe falso, troppo compiacente e anche un po’ipocrita.
Chi mi assicura che sarà un piacere incontrare questa persona?.
Meglio il semplice “Buongiorno” o “Buonasera”, accompagnato da un sorriso e un leggero cenno del capo.
Attenzione a non aggiungere l’anglosassone “Come sta?”, si potrebbe andare oltre il piano delle formalità, dando l’impressione di interessarsi ai prpblemi di salute altrui, senza contare che se, il nostro interlocutore trae piacere dal racconto delle proprie magagne, siamo incastratii
° Qui apro una parentesi, dedicata al baciamano. Tornato di gran moda, è da considerarsi oggi una galanteria raccomandata solo a ricevimenti, cocktail, ma è fuori luogo e ridicolo al lavoro e nei luoghi pubblici.
Un tempo si faceva solo alle donne sposate, ora si fa a tutte, signore e signorine, purché al di sopra dei trent’anni. Importante è che l’atto sia appena accennato, con un piccolo inchino e che le labbra non sfiorino la mano della signora.
° Nata come simbolo di pace ”ti offro la mano, priva di qualsiasi arma”, e segno di grande rispetto, da sempre la stretta di mano fa parte delle consuetudini umane.
Occorre che sia decisa, ma non troppo energica, rapida, ma non frettolosa. Sarebbe davvero inopportuno stringere una mano inerte e molle o peggio ancora sentirsi stritolare le dita.
Una stretta di mano può dirci molto su chi abbiamo di fronte.
° È bene tenere presente che esiste una scala di valori e di confidenza e di rispetto che non può avvalersi sempre e soltanto della forma colloquiale del “tu”. E allora, se non si è più ragazzi, o sul lavoro, e con chi ci offre un servizio, barista, cameriera, meglio mantenersi entro la barriera del “lei”.
Passare dalla forma di cortesia, ovvero il lei, a quella confidenziale del tu è un iniziativa che parte solo dalla persona più anziana o importante.
° Importantissimo non dare tanti baci e troppo facilmente: sviliscono il gesto e il suo significato. Quelli amichevoli è importante che siano silenziosi e poco schioccanti.
° Signora o signorina? È la domanda che molte donne si sentono ripetere anche a sproposito.
Vuol dire che a qualcuno ancora sfugge il fatto che il termine signorina si debba utilizzare solo in caso ci si rivolga a giovanissime ragazze. Fu infatti l’Unione Europea, qualche anno fa, a decretare che ogni donna oltre i diciotto anni dovesse venir chiamata signora. Il seguito alla prossima puntata.

mercoledì 20 aprile 2011

L'asparago, ovvero quando c'è un re a tavola



















Dr.ssa Loredana Circi - nutrizionista loredana.circi@tiscali.it




Finalmente l’inverno è trascorso, la primavera ha fatto ormai capolino e la terra, quella terra che nel lungo è freddo inverno è sembrata addormentarsi e arrendersi al grande gelo, cede ora i frutti del suo instancabile lavoro.
Tra questi vi è L’ASPARAGO, in tutte le sue varietà.
Il termine Asparago, della pianta Asparagus officinalis, ha origine greche e persiane e significa germoglio. Difatti, essendo la pianta dotata di rizomi, cioè fusti modificati che rimangono sotterranei, ciò che noi mangiamo e vediamo spuntare dal terreno sono i turioni, la parte commestibile , i germogli appunto.
Il turione, nel caso di coltura forzata e selezionata, si presenta di colore bianco, mentre lasciato crescere in pieno campo, a seguito della fotosintesi clorofilliana presenta il classico colore verde.
La storia dell’asparago è pressocchè millenaria, si parla dei suoi consumi in tutta l’area del bacino mediterraneo a partire dagli egizi, gli spagnoli, in Asia Minore 2000 anni fa, mentre i romani già nel 200 a.C. possedevano manuali con minuziosi particolari sul loro
metodo di coltivazione e anche sulla loro preparazione. Citati nei trattati di Teofrasto, Catone, Plinio e Apicio erano molto graditi dagli imperatori che spedivano navi apposite per poterne acquistare in grandi quantità.
Il Veneto è una delle regioni più quotate nella produzione dell’Asparago, pianta che richiede terreni di origine fluviale, corrispondenti all’habitat originario della specie, e clima ventilato, ma senza eccessivi sbalzi di temperatura. Questa situazione ideale avviene nella valle del Brenta, zona produttiva del fiore all’occhiello di Bassano del Grappa e dei comuni territori ad esso limitrofi cioè la varietà dell’ Asparago Bianco di Bassano d.o.c dal 2007, ma anche in altre località, dall’Adige al Piave dove la stagione di raccolta avviene secondo tradizione da San Giuseppe, il 19 marzo, a Sant’Antonio, il 13 giugno.
Aneddoto interessante è la leggenda secondo cui fu proprio Sant’Antonio di Padova a portare nel territorio bassanese gli asparagi per imbonire Ezzelino da Romano.
La produzione veneta si distingue per le varietà a turione bianco, polpose, tenere e croccanti allo stesso tempo.
Oltre che per la sua duttilità in cucina, l’asparago, infatti , viene utilizzato sia in piatti classici della tradizione “ uova e asparagi” sia in abbinamenti più fantasiosi, a questo germoglio si attribuiscono sia numerose proprietà nutrizionali che officinali.
Essendo della stessa famiglia dell'aglio e della cipolla, l'asparago condivide con essi anche alcune proprietà positive (grazie all'effetto diuretico è un coadiuvante contro gotta, calcoli renali, reumatismi e idropisia). In particolare esso ha un ruolo attivo nella diminuzione di casi di eczema. Il consumo di asparagi da parte delle donne in gravidanza riduce sensibilmente la possibilità che il feto sviluppi malformazioni, soprattutto la spina bifida.
La composizione chimica dell'asparago è la seguente:
L'asparagina è uno degli amminoacidi presente in abbondanza, che serve alla fabbricazione di numerose sostanze proteiche, e dunque per la trasformazione dello zucchero
Ricco di rutina che serve a rinforzare le pareti dei capillari
Acido folico è presente in abbondanza
Manganese e vitamina A che hanno un effetto benefico sui legamenti, sui reni e la pelle.
Fosforo e vitamina B che permettono di contrastare l'astenia
Calcio, magnesio,potassio, fosforo,
magnesio.
E’ altresì povero di sodio, carboidrati, grassi, l’acqua rappresenta il 90 %, la parte edibile 52%.
Per le esigue calorie, 25 kcal/100 gr, sono particolarmente indicati nelle diete dimagranti, ma sono anche ricchi di acido urico, per cui è sconsigliato il consumo a coloro che soffrono di cistite, gotta e infiammazioni ai reni.

Gli asparagi hanno la caratteristica di stimolare l'appetito, inoltre, riducendo il ristagno di liquidi nei tessuti grazie alla presenza di purine (che in seguito alla loro scissione originano acido urico), sono indicati per chi vuole eliminare la cellulite; tuttavia bisogna ricordare che lo stimolo diuretico esercitato dagli asparagi può risultare irritante per i reni, tanto che questo ortaggio è in genere sconsigliato a chi soffre di insufficienza renale e di nefrite.

Particolarità:
gli asparagi contengono asparagina o acido aspartico, che conferisce all'urina il tipico odore dovuto alla presenza del metilmercaptano, la comparsa di questo particolare odore pregnante e sgradevole nell'urina, non vi deve preoccupare, anzi, il vostro sistema renale funzione bene!

Psicoterapia, a cosa serve



















A cosa serve la psicoterapia?
di Antonia Murgo - psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicosomatica - Ist. Riza Milano - riceve a Padova 338.4264513


Abbiamo cercato invano la soluzione, ascoltando consigli e suggerimenti di esperti o presunti tali, ci siamo accontentati delle parole dell’amica , sottoponendo il problema alla parrucchiera di fiducia, per l’occasione anche valida consigliera in materia”perché anche lei è passata per la stessa esperienza “ e all’ estetista “perché il contatto con la gente la rende un po’ "psicologa “. Magari circondati da parenti vari che dicono “devi reagire, non hai bisogno dello psicologo c’è la puoi fare benissimo da solo”. Solo quando abbiamo provato di tutto, quando ci
ritroviamo impotenti e anche depressi perché il nostro disagio è ancora lì, allora ricorriamo alla psicoterapia. Perplessi, increduli, spaventati di cambiare anche ciò che non desideriamo cambiare, con il timore che saremo condotti a fare cose che non vogliamo fare. Con la paura di strutturare una dipendenza che non ci libererà più dallo psicologo, e, infine, con la paura, sicuramente inconsapevole, di poter finalmente risolvere il problema intorno al quale abbiamo
coagulato la nostra vita. Se ciò dovesse verificarsi, cosa ne sarà di noi? Cosa ne faremo di quella libertà che avremo conquistato? Se all’improvviso quella forma di controllo ,sia pure malato, che la problematica aveva garantito sulla nostra vita (e non solo sulla nostra vita! ) venisse a mancare? In fondo il problema lo conosciamo bene, ma la libertà da esso che cosa sarà e dove ci porterà?

Con queste contraddizioni, con questi dubbi amletici, entriamo nel percorso terapeutico, chiedendoci cosa potrà aggiungere uno psicoterapeuta alle cose che ci hanno sempre ripetuto tutti e che sappiamo già. Questo è il tentativo di ridimensionare un potere che noi per primi attribuiamo alla psicoterapia, con il progetto, inconscio, di vanificare, qualsiasi possibilità di uscire dal disagio.

Quindi si giunge sulla soglia di uno studio, caricando il percorso terapeutico di aspettative di gran lunga superiori a quelle che possiede, e questo non perché “l’aiuto psicoterapico non serve poi a molto” ma perché le aspettative sono inadeguate e per-vertite rispetto ai nostri autentici bisogni.

Nel dire che ogni persona, amica o conoscente, alla quale ci rivolgiamo può dare comunque anche dei buoni consigli, tuttavia occorre ricordare che un aiuto non vale l’altro e soprattutto, cosa quanto mai importante, attribuire le rispettive competenze e riconoscere le figure professionali qualificate a rispondere alle nostre esigenze, è il primo passo per un cammino di stima e rispetto verso noi stessi e gli altri.

È necessario, a questo punto, sfatare un’altro luogo comune purtroppo molto diffuso, che considera chi si rivolge allo psicologo una persona “ malata”.

Questo giudizio va visto come il retaggio di un’ancestrale paura ed ignoranza nei confronti della malattia mentale.

La capacità di rivolgersi ad uno psicoterapeuta in un momento di bisogno, quindi il saper chiedere aiuto, è indicativo di un grado di evoluzione e consapevolezza che fa la differenza tra chi è sano e chi è malato.

La vera patologia sta in chi non sa riconoscere la propria sofferenza e il proprio bisogno di aiuto.

La psicoterapia è un viaggio. Qualunque sia il punto di partenza è un viaggio verso un paese il più straordinario e affascinante che abbiate mai conosciuto e nello stesso tempo uno dei territori più lontani e sconosciuti che esistano: noi stessi.

Da autentici viaggiatori bisogna partire con l’umiltà di chi non sa. Bagaglio leggero, disponibili a liberarsi dalle zavorre mano a mano che si procede, affidandosi
all’ignoto, in compagnia della paura che è sempre presente in un viaggio verso territori sconosciuti.
Imparando,strada facendo, che la paura appartiene all’Io, cioè a quella parte di noi che crede di sapere cos’è meglio per noi stessi. Scoprendo invece il coraggio di procedere con l’unico desiderio, quello di riconoscere la vibrante unicità che ci appartiene.

E’ proprio lei infatti, la molla che fa si che il viaggio abbia inizio.

Affidandoci a ciò che di noi non sappiamo, impareremo ad assecondare l’istinto infallibile che ci abita e che sa quando è tempo di imparare a dialogare con se stessi.

Saremo noi a decidere la destinazione, noi a scegliere il paesaggio da visitare tra i tanti possibili.

Lo psicoterapeuta ci accompagna, fa del nostro viaggio il suo viaggio, è un compagno che ci incoraggia, ci aiuta a comprendere ciò che non è possibile capire, ad accettare la paura, ad allontanare il giudizio da ciò che scopriremo di noi stessi per rivelarci la meraviglia dei nostri paesaggi interiori.

Non sarà lo psicoterapeuta ad imporre il passo né a decidere la meta. Non combatterà le nostre battaglie, ma ci passerà le armi.

Non giudicherà le nostre difficoltà né facili né difficili; esse sono come noi le

viviamo. Non considererà la nostra vita ne bella né brutta, ma semplicemente Nostra e, in quanto tale, unica e degna di attenzione e accoglimento. Non ci darà la soluzione, ma farà in modo che ognuno di noi possa trovare dentro di se il “come fare”. La nostra sarà” un’alleanza terapeutica”.

Chi non ha mai avuto bisogno di una guida!

Chi potrebbe farne a meno nel viaggio più avventuroso ed affascinante che esista?

Perfino Dante, il Sommo Poeta, si fece accompagnare da Virgilio nella sua discesa agli inferi, metafora di ogni viaggio che si compie in ciò che è oscuro ed ignoto.

La “Divina Commedia” infatti, oltre a rivelarci che la consapevolezza e la conoscenza sono la base di qualsivoglia percorso umano “ fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”.(Inferno, canto XXVI), sta a suggerire l’importanza che un tale cammino si compia in compagnia di una guida, che ci conduca negli inferi con in tasca il biglietto per il ritorno.

Tea time























Tea Time
di Valeria Vicentini

Valeria Vicentini laureata in DAMS Teatro all'università di Bologna e autrice con Amedeo Sandri del libro Mangiare Veneto: sette province in Cucina, da alcuni anni si occupa dello sviluppo prodotti per l'azienda del padre, importatrice esclusiva del Tè Mlesna in Italia.
Grazie al lavoro ha avuto l'occasione di compiere un lungo viaggio in Sri Lanka che l'ha portata ad approfondire la conoscenza del tè in tutti i suoi aspetti aumentando la sua passione per questa antichissima bevanda. In attesa appunto che esca il suo primo libro sull'argomento, ci accompagnerà con questa piccola rubrica alla scoperta del mondo del tè e dei suoi segreti.



Quando ero piccolina il tè con i biscotti era la merenda del pomeriggio per eccellenza, la mia nonna lo preparava con il limone e lo zucchero, e sicuramente non si chiedeva di che tipo fosse: al supermercato se ne trovava uno solo, il tè nero, ma lo si chiamava semplicemente tè, era solamente in bustina e per molti la sua unica funzione era quella di far passare il mal di pancia.
Del resto l'Italia è da sempre un paese coffee-drinker: i cosiddetti tea-drinker, come ad esempio l'Inghilterra, la Russia, la Cina e l'India, consumano fino a 2 kg di tè pro capite all'anno, mentre gli italiani in media non superano i 150 grammi.
Tuttavia negli ultimi 20 anni molte cose sono cambiate: la Cina si è aperta al mondo permettendoci di scoprire il benefico tè verde, abbiamo visto spuntare nelle grandi città negozi specializzati nella vendita di tè sfuso e si sono moltiplicate le pubblicazioni volte a svelare i segreti di questa esotica bevanda che prima consideravamo sommariamente “inglese”. Insomma la sete di tè sta crescendo anche negli italiani stimolata dalla diffusione di una “cultura del tè”.

Cominciamo quindi il nostro viaggio alla scoperta della bevanda più bevuta al mondo (dopo l'acqua!) partendo da un problema quotidiano spesso sottovalutato e cioè: come si prepara una buona tazza di tè?
Forse non tutti sanno che il fondamentale punto di partenza è l'acqua, chiamata infatti la “madre” del tè.
Secondo Lu Yu, il filosofo cinese che nel VIII secolo d.C. scrisse il Canone del Tè, l'acqua ideale è quella di montagna proveniente dallo scioglimento della neve e delle stalattiti. Ora, senza arrivare a tanto, basterebbe usare acqua pura e leggera, cioè con un PH quasi neutro (da 6,5 a 7), un basso residuo fisso e una presenza di carbonato di calcio inferiore ai 300 mg/l.
E' possibile trovare sul mercato acque in bottiglia con queste caratteristiche, ma il mio consiglio è quello di usare l'acqua del rubinetto filtrata: esistono depuratori da installare direttamente al rubinetto oppure pratiche caraffe filtranti; questi sitemi oltre ad essere più comodi e alla lunga più economici sono anche rispettosi dell'ambiente evitando lo spreco di bottiglie di plastica.
L'importante è ricordare che quando il nostro infuso forma una pellicola opaca sulla superficie significa che l'acqua è troppo dura e calcarea: allora è inutile comprare tè di alta qualità perché il risultato sarà comunque mediocre, al contrario un tè di bassa qualità infuso in una buona acqua può addirittura sembrare migliore.

Il secondo elemento da considerare è la temperatura di infusione: i tè neri e oolong vanno infusi a 95°C, quelli verdi introno ai 70°C e quelli bianchi a 60°C. Se non si vogliono acquistare dei termometri appositi (molto costosi) l'ideale è prestare attenzione alle diverse fasi di bollitura. Diceva LuYu: “Quella con bolle simili a occhi di pesce e suono debole è considerata prima bollitura, quella in cui le bolle simili a perle di una collana, si raccolgono lungo il bordo del recipiente come in una sorgente gorgogliante è considerata la seconda bollitura, quella simile a marosi che montano e onde che si infrangono è considerata la terza bollitura”. La prima, detta anche acqua “bambina”, non è usata per nessun infuso perché non è salutare, la seconda definita “matura” è ideale per i tè verdi e lasciata raffreddare un paio di minuti va bene per i tè bianchi, la terza è sulla soglia dei 100°C e va benissimo per i tè neri e oolong. Si consiglia di non lasciare l'acqua a bollire a lungo altrimenti “invecchia” e non è più utilizzabile.

Prima di procedere all'infusione si dovrebbe scaldare la teiera sciacquandola con un po' di acqua calda; quindi vi si mette un cucchiaino di tè sfuso per ogni tazza (ma la quantità va provata e definita secondo il gusto personale) e poi si versa l'acqua calda con movimento circolare in modo da bagnare bene tutte le foglie. In Cina per i tè verdi si usa fare prima un veloce risciacquo delle foglie versandovi un po' di acqua calda che viene subito buttata, questo serve a pulire il tè dalle impurità e a togliere l'amaro all'infuso.
Le foglie vanno quindi lasciate in infusione dai 3 ai 5 minuti in base all'intensità che si vuole ottenere. Se si usano i filtri preconfezionati il concetto non cambia, solo i tempi sono più veloci perché il tè all'interno è sminuzzato e quindi infonde più rapidamente.
Ottenuta l'intensità desiderata si possono rimuovere le bustine o filtrare le foglie, che se sono di buona qualità possono essere usate una seconda volta. E' importante non lasciare troppo a lungo il tè in infusione altrimenti il gusto sarà amaro; e ovviamente non bisogna mai bollire le foglie con l'acqua!
A questo punto possiamo servire il tè avendo l'accortezza di versarlo con un flusso regolare e dall'alto, cioè tenendo la teiera quanto più lontana dalla tazza di modo che cadendo l'infuso si ossigeni sprigionando tutto il suo aroma.
Ultima accortezza: il tè col tempo ossida sviluppando degli acidi che possono infastidire gli stomaci più delicati, pertanto è meglio berlo sempre appena fatto e mai cadere nella tentazione di riscaldare un tè che si è raffreddato!
In fondo, preparare un buon tè non è poi così lungo e complicato come può sembrare, vedrete che in poco tempo diventerà un abitudine e la soddisfazione del palato sarà tale che vi chiederete come avete fatto ad accontentarvi finora!