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mercoledì 20 aprile 2011

Psicoterapia, a cosa serve



















A cosa serve la psicoterapia?
di Antonia Murgo - psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicosomatica - Ist. Riza Milano - riceve a Padova 338.4264513


Abbiamo cercato invano la soluzione, ascoltando consigli e suggerimenti di esperti o presunti tali, ci siamo accontentati delle parole dell’amica , sottoponendo il problema alla parrucchiera di fiducia, per l’occasione anche valida consigliera in materia”perché anche lei è passata per la stessa esperienza “ e all’ estetista “perché il contatto con la gente la rende un po’ "psicologa “. Magari circondati da parenti vari che dicono “devi reagire, non hai bisogno dello psicologo c’è la puoi fare benissimo da solo”. Solo quando abbiamo provato di tutto, quando ci
ritroviamo impotenti e anche depressi perché il nostro disagio è ancora lì, allora ricorriamo alla psicoterapia. Perplessi, increduli, spaventati di cambiare anche ciò che non desideriamo cambiare, con il timore che saremo condotti a fare cose che non vogliamo fare. Con la paura di strutturare una dipendenza che non ci libererà più dallo psicologo, e, infine, con la paura, sicuramente inconsapevole, di poter finalmente risolvere il problema intorno al quale abbiamo
coagulato la nostra vita. Se ciò dovesse verificarsi, cosa ne sarà di noi? Cosa ne faremo di quella libertà che avremo conquistato? Se all’improvviso quella forma di controllo ,sia pure malato, che la problematica aveva garantito sulla nostra vita (e non solo sulla nostra vita! ) venisse a mancare? In fondo il problema lo conosciamo bene, ma la libertà da esso che cosa sarà e dove ci porterà?

Con queste contraddizioni, con questi dubbi amletici, entriamo nel percorso terapeutico, chiedendoci cosa potrà aggiungere uno psicoterapeuta alle cose che ci hanno sempre ripetuto tutti e che sappiamo già. Questo è il tentativo di ridimensionare un potere che noi per primi attribuiamo alla psicoterapia, con il progetto, inconscio, di vanificare, qualsiasi possibilità di uscire dal disagio.

Quindi si giunge sulla soglia di uno studio, caricando il percorso terapeutico di aspettative di gran lunga superiori a quelle che possiede, e questo non perché “l’aiuto psicoterapico non serve poi a molto” ma perché le aspettative sono inadeguate e per-vertite rispetto ai nostri autentici bisogni.

Nel dire che ogni persona, amica o conoscente, alla quale ci rivolgiamo può dare comunque anche dei buoni consigli, tuttavia occorre ricordare che un aiuto non vale l’altro e soprattutto, cosa quanto mai importante, attribuire le rispettive competenze e riconoscere le figure professionali qualificate a rispondere alle nostre esigenze, è il primo passo per un cammino di stima e rispetto verso noi stessi e gli altri.

È necessario, a questo punto, sfatare un’altro luogo comune purtroppo molto diffuso, che considera chi si rivolge allo psicologo una persona “ malata”.

Questo giudizio va visto come il retaggio di un’ancestrale paura ed ignoranza nei confronti della malattia mentale.

La capacità di rivolgersi ad uno psicoterapeuta in un momento di bisogno, quindi il saper chiedere aiuto, è indicativo di un grado di evoluzione e consapevolezza che fa la differenza tra chi è sano e chi è malato.

La vera patologia sta in chi non sa riconoscere la propria sofferenza e il proprio bisogno di aiuto.

La psicoterapia è un viaggio. Qualunque sia il punto di partenza è un viaggio verso un paese il più straordinario e affascinante che abbiate mai conosciuto e nello stesso tempo uno dei territori più lontani e sconosciuti che esistano: noi stessi.

Da autentici viaggiatori bisogna partire con l’umiltà di chi non sa. Bagaglio leggero, disponibili a liberarsi dalle zavorre mano a mano che si procede, affidandosi
all’ignoto, in compagnia della paura che è sempre presente in un viaggio verso territori sconosciuti.
Imparando,strada facendo, che la paura appartiene all’Io, cioè a quella parte di noi che crede di sapere cos’è meglio per noi stessi. Scoprendo invece il coraggio di procedere con l’unico desiderio, quello di riconoscere la vibrante unicità che ci appartiene.

E’ proprio lei infatti, la molla che fa si che il viaggio abbia inizio.

Affidandoci a ciò che di noi non sappiamo, impareremo ad assecondare l’istinto infallibile che ci abita e che sa quando è tempo di imparare a dialogare con se stessi.

Saremo noi a decidere la destinazione, noi a scegliere il paesaggio da visitare tra i tanti possibili.

Lo psicoterapeuta ci accompagna, fa del nostro viaggio il suo viaggio, è un compagno che ci incoraggia, ci aiuta a comprendere ciò che non è possibile capire, ad accettare la paura, ad allontanare il giudizio da ciò che scopriremo di noi stessi per rivelarci la meraviglia dei nostri paesaggi interiori.

Non sarà lo psicoterapeuta ad imporre il passo né a decidere la meta. Non combatterà le nostre battaglie, ma ci passerà le armi.

Non giudicherà le nostre difficoltà né facili né difficili; esse sono come noi le

viviamo. Non considererà la nostra vita ne bella né brutta, ma semplicemente Nostra e, in quanto tale, unica e degna di attenzione e accoglimento. Non ci darà la soluzione, ma farà in modo che ognuno di noi possa trovare dentro di se il “come fare”. La nostra sarà” un’alleanza terapeutica”.

Chi non ha mai avuto bisogno di una guida!

Chi potrebbe farne a meno nel viaggio più avventuroso ed affascinante che esista?

Perfino Dante, il Sommo Poeta, si fece accompagnare da Virgilio nella sua discesa agli inferi, metafora di ogni viaggio che si compie in ciò che è oscuro ed ignoto.

La “Divina Commedia” infatti, oltre a rivelarci che la consapevolezza e la conoscenza sono la base di qualsivoglia percorso umano “ fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”.(Inferno, canto XXVI), sta a suggerire l’importanza che un tale cammino si compia in compagnia di una guida, che ci conduca negli inferi con in tasca il biglietto per il ritorno.

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