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lunedì 23 agosto 2010

Il vestito dell'estate














Il vestito dell’estate
di Gabriella Grasselli


La ragazza camminava sul lungomare, la brezza salmastra le scompigliava un po i capelli: già assomigliavano a quelli della madre ma, a differenza di lei, i suoi erano addolciti dai suoi “quasi
vent’anni”. Il sorriso e la stanchezza di una lunga giornata di mare le imprimevano il viso, nonostante ciò camminava sicura verso il centro del paese. Le case erano sempre le stesse, nemmeno avevano stinto un po’del loro colore.
Fuori, nei terrazzi degli Hotel, i villeggianti, sorseggiavano dissetanti bibite, certi bicchieroni erano adorni di fiori e frutta di carta, e lei, si intenerì pensando alla sua infanzia, altri giocavano a carte, altri ancora parlavano del più e del meno.
Sulla destra, verso il mare, gruppi di ragazzi, facevano animazione con balli rock, mentre, musicisti più maturi, intrattenevano le persone di mezza età al ritmo dei tre tempi e, per un po di romanticismo, intonavano degli incollatissimi lenti.
Volteggiavano le gonne! Oh, se volteggiavano.
Più su, seduti su una panchina una famiglia un pò ben messa, si sbrodolava il gelato da per tutto, sul naso, guance, occhi, collo e …quasi torace; proprio si vedeva che erano felici.
E! A volte pensi; basta cos’ì poco, ( classica constatazione), per essere felici.
Arrivò al centro del paese tutta sudata, si guardò su di una vetrina per valutare le sue condizioni fisiche e, si tolse delle foglie dalla testa che, prima, si erano incastrate tra i capelli.
Ciò gli permise di notare una signora, la quale, le sue gambe, lunghe, belle, eleganti, con i piedi anch’essi affusolati, lo smalto alle dita “di un bel rosso carminio”, insomma, il tutto ben curato: stava infilando, appunto, questo piede, dal collo del piede stratosferico, ricurvo al punto giusto, giù, dentro ad un sandalo meraviglioso, dall’alto tacco e dal cinturino alla caviglia,”dorato”, con dei lustrini lucenti, come …come, le luci della sala da giochi che stava li vicino. La seguì con lo sguardo fino a che uscita dal negozio con la borsetta in mano, girò l’angolo e non la vide più.
Proseguì il suo giro e più in là, dentro ad una tenda,: si giocava a tiro a” qualcosa” con la speranza di vincere uno degli enormi animali - peluche che stavano lì appesi a sonnecchiare nella speranza di entrare in qualche lettino di bambino, con la preoccupazione di restare però con le zampe fuori, tanto erano grandi.
Il caldo si faceva proprio sentire. Dagli usci dei negozi, uscivano follate di aria fresca e lei ci sostava dinanzi e intanto sbirciava tutto quello che c’era da sbirciare.
Restò colpita da dei vestiti. Parità, stoffa - manufattura e prezzo non erano niente male.
Ne provò tre. Uno era a quadri, bianco e viola, il secondo marrone con i contorni bianchi e il terzo “celeston”. Scelse il secondo: quello marrone.
Girò le spalle allo specchio, sorrise, arricciò la bocca, si atteggiò da vamp, e disse: come sto?
Non risposi subito. Pensai: sei stupenda “figlia mia”!
Per non imbarazzarla troppo, dissi semplicemente: bene!

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