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lunedì 12 luglio 2010

Il rinascimento contemporaneo

















Il rinascimento contemporaneo
di Massimo Cipelletti
sociologo


Abbiamo dato inizio a questo nuovo secolo, nonché millennio, privi e privati di stimoli ed entusiasmi, in preda ad una valorizzazione dei saldi principi morali comuni che hanno concesso al secolo antecedente di costruire una società ed un corpo civile pensante di buonsenso.
Ci ritroviamo oggi, giovani e meno giovani, a dover gestire e riorganizzare un quid che è stato sfasciato dalla nostra stessa evoluzione; dalla bramosia di eccedere; dal trionfo dell’esasperato in qualsiasi sua forma ed espressione.
Mi mantengo, sinora, volutamente su di un fronte assolutamente generico, dacché qualsivoglia ambito è stato contaminato e frequentemente portato al di sopra delle proprie possibilità.

Se il Novecento ha dato molto, e molto rapidamente, le aspettative del Duemila sono di giorno in giorno disilluse; anzi celebriamo periodicamente il funerale del Novecento come se non avessimo più punti di riferimento, come fossimo quasi disorientati e questa nuova opportunità d’espressione umana non sapessimo da dove prenderla, poiché tutto ed il contrario di tutto è stato detto e fatto. Nell’arte, nella cultura, nella politica stessa.
Viviamo indiscutibilmente in un’era post-ideologica e credo fermamente necessario cogliere questa opportunità, anziché lamentarsene e darsi per perduti. Nessuno di noi è in attesa del nuovo e di ciò che sinora non si è visto o sentito: non ci sorprenderebbe più. Quello che realmente è indispensabile è un “Rinascimento contemporaneo”. Lo realizzò Andrea Palladio nell’architettura e tutt’oggi sappiamo quanto è visto e considerato come il punto di riferimento che diede la svolta dopo secoli bui. Così sento che, sia nella cultura che nella politica, di questo si necessiti: un “Rinascimento contemporaneo”, che a differenza del XV° e XVI° secoli, deve venire – prevalentemente e non esclusivamente – dal basso. Ma cos’è il “basso”, se non la comunità civile che volutamente mi piace chiamare comunità piuttosto che società, perché rappresenta un qualcosa di più umano, meno speculativo, meno orientato al profitto economico e maggiormente sociale. La partecipazione del singolo cittadino alla vita socio-politica diviene così fondamento di un equilibrio su cui poter costruire una vera società moderna evoluta del Terzo millennio.
Al centro va ricollocato l’essere umano, il cui insieme dà vita allo Stato, ed il conseguente obiettivo primario dev’essere il benessere comune e la dignità del singolo.

Il “Rinascimento contemporaneo” su matrice palladiana, va esteso alla politica e alla vita sociale, ripescando dalle nostre tradizioni ciò che ci appartiene, quello che ci ha educato e condotto sin qui, rileggendolo in chiave attuale, senza stravolgerlo, ma dandoci presente. Questo fece il più grande architetto di tutti i tempi, e se ancor oggidì è personaggio di riferimento per molti, auspico lo diventi anche per il mondo della politica e della socialità.
Non siamo dei replicanti ma degli innovatori di noi stessi. E lo si può realizzare solo se in noi alberga un’idea di grandezza che ci consenta di esprimerci ai massimi livelli qualitativi e non più quantitativi. Se ora siamo vittime di un vuoto sociale che potremmo abbinare ad un vuoto ideologico-culturale, vediamoli come un’opportunità per poter colmare, attraverso la preparazione, la cultura ed il buonsenso questi spazi che ci stanno soffocando senza ragione.
Sono profondamente convinto che anche in politica, il vivere nell’era post-ideologica non sia un male ma una naturale evoluzione che se sappiamo cogliere e gestire ci darà, a breve tempo, benefici inimmaginabili.
Lo stesso bipolarismo è la ricchezza di poter, finalmente, evitare compromessi vetusti alla politica italiana, fra micropartiti che non avranno più ragion d’essere; mentre ben vengano i dialoghi e le discussioni aperte all’interno di grandi poli politici, dove devono convergere e convivere sempre più fazioni, gruppi di pressione, identità culturali: questo è l’esempio che la politica deve dare al popolo, rispecchiandolo. Proprio perché la quotidianità è fatta di molteplici pensieri, visioni, opinioni in qualunque ambito, con il comune scopo di conquistare il compromesso. Questo sarà il sano compromesso che andremo cercando, denso di un buonsenso in via d’estinzione, ricco di valori condivisi, potente di un senso critico ed autocritico.

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